Zone di degrado a Milano: la lista delle peggiori
MILANO-
Tra
gli anni ’50 e ’60, quasi tutte le periferie di Milano sono nate per far fronte
alla grande ondata migratoria proveniente dal Sud dell’Italia e quasi tutte
sono cresciute sulla spinta della speculazione edilizia, trasformando i
quartieri in dei "dormitori", isolati dal resto della città e tale
situazione drammatica, con l’impatto migratorio degli ultimi anni (destinato a
crescere sempre di più), proveniente dall’estero, rischia di peggiorare di
giorno in giorno. Le periferie di Milano (che si assomigliano tristemente un
po' tutte) si caratterizzano per un forte senso di appartenenza da parte degli
abitanti, per il luogo in cui sono nati e cresciuti, testimoniato dal fatto che
ogni quartiere periferico di Milano ha il suo inno, la sua canzone o il
suo video identificativo.
Da Quarto Oggiaro a via Padova, attualmente quali sono le zone periferiche più pericolose della città di Milano? Difficile stilare una classifica, ma vogliamo fare un tentativo, in base a ciò che si dice in rete e a testimonianze raccolte in giro, per strada, sperando che non si offenda nessuno (noi ci atterremo non su fatti concreti, ma solo su tali dicerie e voci di corridoio). Prima di sollevare qualunque sterile polemica, vogliamo precisare che, in alcuni casi, le voci e le leggende che si narrano su alcune periferie le fanno forse percepire come più pericolose di quanto effettivamente siano. La palma di quartiere celebre per la sua pericolosità, secondo molti, sembrerebbe andare a Quarto Oggiaro: estrema periferia nord della città, dove dicono che si concentri la criminalità (anche non piccola) milanese. Qui la situazione non è delle più allegre, ma va anche detto che basta evitare alcune vie ben precise per non incorrere in guai (la parte centrale di Vialba, ad esempio, sembra proprio un quartiere della vecchia Milano, con i negozi sotto i portici e la gente che si saluta).
Da Quarto Oggiaro a via Padova, attualmente quali sono le zone periferiche più pericolose della città di Milano? Difficile stilare una classifica, ma vogliamo fare un tentativo, in base a ciò che si dice in rete e a testimonianze raccolte in giro, per strada, sperando che non si offenda nessuno (noi ci atterremo non su fatti concreti, ma solo su tali dicerie e voci di corridoio). Prima di sollevare qualunque sterile polemica, vogliamo precisare che, in alcuni casi, le voci e le leggende che si narrano su alcune periferie le fanno forse percepire come più pericolose di quanto effettivamente siano. La palma di quartiere celebre per la sua pericolosità, secondo molti, sembrerebbe andare a Quarto Oggiaro: estrema periferia nord della città, dove dicono che si concentri la criminalità (anche non piccola) milanese. Qui la situazione non è delle più allegre, ma va anche detto che basta evitare alcune vie ben precise per non incorrere in guai (la parte centrale di Vialba, ad esempio, sembra proprio un quartiere della vecchia Milano, con i negozi sotto i portici e la gente che si saluta).
Anche
in via Padova vi è un quartiere che si trova elencato tra le zone da
evitare: in questa via stanno arrivando parecchi giovani italiani, attratti dai
prezzi bassi (siamo appena fuori dalla circonvallazione) e dall'atmosfera
multietnica e questo è allo stesso tempo il punto forte e il punto debole
di via Padova, perchè la convivenza tra etnie diverse (ci sono 50 nazionalità
diverse) non è sempre facile, e non è così raro imbattersi in risse o
litigi. Si segnalano anche la zona di via Varesina e viale
Espinasse, vicino alla più nota piazza Prealpi: qui si cita la presenza di
bulli agli angoli delle strade, che a volte vanno in giro con dei pitbull,
oltre che un'alta percentuale di immigrazione. Sono tante le zone che
godono di pessima fama in città, tra le quali ricordiamo Corvetto, Barona,
Baggio, via Ferrante Aporti (dietro la Stazione Centrale), ma la verità è
che la situazione è la stessa a Milano come in ogni altra grande (più o meno)
città d'Europa: i ricchi stanno al centro, mentre i poveri, gli immigrati ed i
giovani si rifugiano in periferia e la classe media scappa
nell'hinterland. Alcune zone cambiano pelle e si trasformano nel tempo,
peggiorando oppure migliorando, a seconda delle amministrazioni (come potrebbe
essere in futuro il caso di via Padova).
All'estrema
periferia nord-ovest di Milano, c’è il cosiddetto Gallaratese, o meglio
conosciuto come Bonola (dal nome del mastodontico centro commerciale, che
rappresenta l'unico vero punto di aggregazione della zona). E' uno dei
quartieri più grandi costruiti ex novo in Italia, “posizionato” tra la
tangenziale ovest, il cimitero maggiore, il Monte Stella e l'enorme parco di
Trenno. Quartieri periferici relativamente vicini al Galleratese-Bonola sono il
Baggio e il Quarto Oggiaro (mentre il Barona è molto distante da qui). Durante
gli anni di piombo, questi quartieri, a maggioranza operaia, erano tra i più
politicizzati e a rischio della città: Baggio ha una lunga tradizione di
antifascismo, mentre è tra Lorenteggio e Quarto Oggiaro che si sono costituite le
Brigate Rosse. Col tempo, però, i protagonisti di quella stagione sono
morti o invecchiati, e il maggior benessere economico ha favorito il
deteriorarsi della coscienza sociale dei residenti. Quando non sono
cadute nelle mani della malavita, queste zone si sono trasformate da
quartieri-dormitorio a quartieri-ospizio (è quello che è successo nel
Gallaratese, dove ci sono molte parrocchie e farmacie e due strutture per
anziani, ma neanche un locale che resti aperto la sera).
Tutto
ciò non ha fatto che accrescere l'isolamento di queste zone: i collegamenti con
il resto della città sono stati ridotti e gli autobus di quartiere sono stati
soppressi dopo le dieci di sera (oppure non arrivano più fino al capolinea
perché i conducenti hanno paura di venire aggrediti). Allo stesso tempo si
è dato nuovo impulso all'edilizia popolare, di pari passo alla riqualificazione
di determinate zone più o meno centrali che, in vista di Expo, sono state
riempite di grattacieli residenziali fuori mercato (come quelli di City
Life, da 8.000 euro al mq, in zona Amendola): anche stavolta, si è costruito
secondo gli stessi criteri, creando palazzoni orrendi in zone prive di servizi
e isolate (è il caso delle nuove abitazioni popolari di via Appennini, nel
Gallaratese).
A detta di chi le ha progettate, le popolari di via Appennini sono luoghi dove il concetto di abitare non si estingue nella superficie minima dell'appartamento, ma si estende agli spazi comunitari, ma questi fantomatici "spazi comunitari" sono un giardinetto desolato, un centro commerciale (a chilometri di distanza), o dei sushi. Molte zone periferiche di Milano sono piene di ruderi, palazzi abbandonati da anni o mai finiti (è il caso di strutture come l'ex mercato comunale (QT8), l'ex Palasharp (a Lampugnano), l'Istituto Marchiondi (a Baggio) e quella che doveva essere la nuova stazione di San Cristoforo (a Lorenteggio).
Il QT8, per citarne uno, è un quartiere periferico costruito nel 1947 in occasione dell'ottava triennale di Milano, che doveva essere un quartiere modello, fatto di villini a due o tre piani, strade pedonali e parchi, ma per la scarsità di servizi (in tutto il quartiere non c'è un solo negozio, né una banca) si è trasformato in una zona morta. Il mercato comunale, l'unico spazio comunitario del quartiere oltre alla chiesa, è fallito ed è rimasto abbandonato: da mesi dicono che ci vivano dei senzatetto. Molto simile è stato il destino del Palasharp, tensostruttura "temporanea" rimasta in piedi per decenni con vari nomi, che un tempo ospitava concerti e feste dell'Unità: per qualche tempo è stato usato come luogo di culto dalla comunità musulmana milanese e poi è stato abbandonato. La giunta Moratti voleva farne "il nuovo polo dello sport milanese", ma dopo la vittoria di Pisapia si era deciso di demolirlo in vista dell'Expo, invece è ancora lì (secondo alcune voci di corridoio, oggi sarebbe diventato un rifugio di senzatetto e di sbandati).
Anche
l'Istituto Marchiondi, a Baggio (costruito negli anni Cinquanta), è stato prima
un riformatorio, poi un centro di formazione professionale e poi, all'inizio
degli anni Novanta, è stato abbandonato. Nel 2009, un campo rom sorto nel
frattempo nelle vicinanze è stato sgomberato: c'era un progetto di
recupero della struttura che avrebbe dovuto ospitare la nuova sede della
facoltà di architettura del Politecnico di Milano e uno studentato da 200
posti, ma alla fine non si è fatto nulla, per i costi
eccessivi. Oggi, vi è uno scenario post-apocalittico: tra calcinacci,
soffitti crollati e finestre rotte, l'unica traccia di presenza umana nell'edificio
è rappresentata da alcune scritte sui muri (alcune di ispirazione fascista,
risalenti agli anni Settanta e Ottanta).
Il
lento emergere di tendenze “fasciste” è tipico di tante periferie milanesi: qui
le nuove generazioni hanno seguito un percorso di crescita più o meno simile.
Se i giovani sviluppano tendenze estreme è per reazione a un disagio sociale,
difatti non è un caso che i principali movimenti di estrema destra a Milano
abbiano tutti sede in periferia (Casa Pound a Quarto Oggiaro e Lealtà e Azione
a Bollate) e non è un caso nemmeno se ogni tanto, sulle auto della zona,
compaiono dei volantini del Movimento Fascismo e Libertà. Stando
ad un recente studio, Milano è la città italiana con la più alta presenza
straniera e con la più alta concentrazione di immigrati in periferia (il
95% del totale). In molti quartieri periferici di Milano la presenza di
immigrati è un fenomeno diffuso e radicato e l'unica zona in cui la retorica
anti-immigrazione sembra funzionare è quella di Loreto e di via Padova (e
proprio in questa zona, in piazza Aspromonte, ha sede la sezione milanese di
Forza Nuova). Al di là di questo, la cosa che più colpisce, se si fa un
giro panoramico delle periferie milanesi, è il comportamento delle istituzioni:
sembra quasi che dietro la gestione degli spazi cittadini ci sia una specie di
progetto politico (in queste zone, la presenza di tensioni sociali è usata per
creare consenso, legittimare e perpetuare questa politica di
separazione).
Mentre
le zone intorno al centro vengono riqualificate, la periferia diventa il luogo
in cui spostare ogni possibile causa di disagio e conflitto sociale. Solo
durante i periodi elettorali, per ripulire l'immagine delle città, si cerca di
nascondere la polvere sotto il tappeto, intervenendo sui luoghi più degradati
(è anche per questo motivo che, nell'ultimo periodo, si è dato nuovo
impulso agli sgomberi dei campi nomadi). Isolate dal resto della città, prive
di servizi e di attrattive, le periferie di ogni città vengono troppo spesso
ridotte a vere e proprie discariche a cielo aperto, dove poter mettere tutto ciò
che potrebbe disturbare i nostri sensi, soprattutto la nostra vista e il nostro
olfatto...
(15/06/2016)
Adele
Consolo